Le arancine, lo smart working e i supereroi

Mi sveglio sempre alla stessa ora, oramai ho l’orologio incorporato. Immagino sia la sveglia dello stomaco, abituata a fare colazione alla stessa ora tutte le mattine, quindi mi alzo e barcollo verso la cucina. Il silenzio fuori è una costante, si sente solo la natura impossessarsi di ogni cosa, stormi di uccellini di ogni genere, si divertono a scorrazzare indisturbati, e l’aria fresca e pulita di questa mattina, mi rallegra e mi strappa un piccolo sorriso. Rammento di essere libera, oggi, da impegni lavorativi, e immagino come sfruttare al meglio questa missione di super eroe che salva il mondo in pigiama. In questo strano periodo, nel quale fortunatamente posso lavorare da casa, è obiettivamente difficile capire che giorno è: mi alzo dal letto con flemma penosa, infilo una tuta scompagnata nel colore e nella forma, che si impregna di casa e caffè, di silenzio e di famiglia, non mi ricordo nemmeno di pettinarmi, tanto da sussultare ogni qualvolta il mio viso si specchia in qualche superficie riflettente. Ho la pacifica e commovente sensazione, di avere sempre ai piedi delle comode ciabatte e tutto il mio essere è profondamente grato a questa tecnologia tanto demonizzata e martoriata da tutti. Una tecnologia che crea super eroi, come la mia mamma e il mio papà, ermeticamente chiusi in casa da giorni e giorni, senza mai lamentarsi una sola volta, che per vedere le figlie, si affidano alle diavolerie moderne, aggrovigliandosi alla telecamera di skype e inquadrando il soffitto contro luce, estremamente orgogliosi della loro personale riuscita. In questi giorni è tutto un susseguirsi di suoni di tasti premuti ritmicamente, un tintinnare continuo e tranquillo, senza interruzioni nella serenità della propria casa, del proprio mondo che protegge e assopisce. Mi concentro oggi nel compito di preparare il “salva pranzo” di domani, quando sarò un tutt’uno con la sedia della sala e con il tavolo, diventato scrivania all’occorrenza, sommersa dalla testa ai piedi di carte e dal luccichio del video. Sfrutto questa lenta giornata, per confezionare delle meravigliose e buonissime arancine, che andranno a ruba subito, oggi stesso, croccanti fuori e morbide e saporitissime dentro, ma che saranno un lauto pranzo anche domani, aiutando tutti quanti noi ad affrontare la dura missione quotidiana di super eroi casalinghi!

I veri super eroi, in questi giorni, sono tutti quelli che sono là fuori nel mondo, quelli che starebbero a casa volentieri ma non possono, per il lavoro che fanno, per la dedizione che hanno, per gli obblighi morali e di cuore. Il mio grazie infinito va a loro, senza fare nomi ne categorie perché ognuna di queste persone sa, in cuor suo, quello che sta sopportando.

SUGGERIMENTO:
questo fantastico cibo, se si parte da ingredienti tutti fatti al momento, è un po laborioso, ma vi darà una grandissima soddisfazione! Utilizzate il ripieno che più vi aggrada, e ciò che vi suggerisce la fantasia. Di certo non sbaglierete mai!

Io ho preparato due tipi di ripieni: il primo classico, con mozzarella e prosciutto e il secondo invece con una tartare di gamberi e un gamberone intero per ogni arancina. Di base il classico risotto allo zafferano ma non troppo sforzoso, solo quel tocco di sapore.

CURIOSITA’:
Arancina a Palermo, arancino a Catania, scherzosamente va avanti questa diatriba da decenni, anche perchè in pratica, tutte le città della Sicilia ne rivendicano l’origine. L’Accademia della Crusca, un’istituzione italiana che raccoglie studiosi ed esperti di linguistica e filologia della lingua italiana, si è pronunciata ufficialmente così: “Il gustoso timballo di riso siculo deve il suo nome all’analogia con il frutto rotondo e dorato dell’arancio, cioè l’arancia, quindi si potrebbe concludere che il genere corretto è quello femminile: arancina. Ma non è neppure sbagliato arancino perchè colui che lo dice italianizza il modello morfologico dialettale” . Nessun vincitore e nessun vinto dunque.

LE ORIGINI:
anche sulle origini le dispute sono all’ordine del giorno. C’è che sostiene che siano stati gli arabi, chi invece ha fatto ricerche e non esiste a tutt’oggi alcun documento anteriore alla seconda metà dell’800 che ne faccia cenno alcuno. Nel ‘Ricettario di cucina’ di San Martino delle Scale (Palermo, Biblioteca Comunale), datato 2° metà del 1600, ci sono 104 ricette tipiche siciliane, si parla della cassata nella sua forma primitiva, ma non si fa cenno alcuno ad arancine o polpette di riso o timballi di sorta. Di sicuro, a mio modesto parere, non credo proprio che gli arabi c’entrino qualcosa, visto che nella cucina araba non esiste alcun piatto simile alle arancine. Qualcuno di voi ne sa qualcosa di più? Scrivetemi!

Ingredienti:
400 gr di riso vialone nano
1/2 bustina di zafferano
1 litro d’acqua
un bicchiere di vino bianco
sale e burro per mantecare
30 gr di prosciutto cotto in una sola fetta
1 mozzarella
(per la variante con i gamberi calcolare 1 coda di gamberone per ogni arancina e 2 code per la tartare di ripieno, un filo d’olio evo, un pizzico di sale e pepe)
150 gr di farina
250 ml d’acqua
un pizzico di sale
pangrattato
olio per friggere

Preparare un classico risotto, partendo con il tostare il riso nell’olio (assolutamente senza soffritto) e sfumandolo con il vino. Poi versare un bicchiere d’acqua leggermente salata alla volta e portare a cottura il risotto. Regolare di sale e aggiungere la mezza bustina di zafferano. A gusto mio personale ne ho aggiunto volutamente poco, potete utilizzare una bustina intera se volete. A cottura ultimata, mantecare con una noce di burro, prendere una pirofila ampia e versare il risotto. Coprire con una pellicola e farlo raffreddare.

Per il ripieno con la mozzarella, tagliare a dadini il prosciutto cotto e fare lo stesso con la mozzarella mettendola a scolare su carta da cucina. Prelevare un pochino di riso, creare un incavo nel palmo della mano, mettere qualche cubetto di prosciutto e di mozzarella poi chiudere e all’occorrenza aggiungere un altro pochino di riso. Appallottolare e conferire una bella forma sferica alle vostre arancine.

Per il ripieno con i gamberi, tagliare al coltello due code di gambero fresco per ogni arancina, condire con olio sale e pepe, creare l’incavo nel palmo della mano e mettere la tartare nel centro. Appoggiare la coda di gamberone intera lasciando il codino all’esterno e dare una forma a “pera” alla vostra arancina.

ora procedere alla panatura. In una ciotola versare la farina setacciata, un pizzico di sale e l’acqua a filo, mescolare accuratamente e formare una pastella non troppo densa ma nemmeno troppo liquida. Immergere le arancine una alla volta, poi passarle nel pangrattato schiacciando un pochino in modo da far aderire molto bene e scrollare quello in eccesso.

Friggere in abbondante olio di semi di arachidi o olio per fritti e servire caldissime e croccanti!

Ps: come avrete notato non ho usato e normalmente non uso guanti per confezionare le arancine. Io credo che i guanti siano un veicolo pazzesco di microbi, toccando più volte le cose, a meno che vengano cambiati ogni due minuti o lavati. Preferisco di gran lunga, a questo punto, lavarmi le mani spessissimo, ad ogni arancina confezionata, prima di iniziare quella successiva.

21 risposte a "Le arancine, lo smart working e i supereroi"

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  1. Per quanto riguarda il racconto vale proprio il detto :di necessità virtù .La tecnologia in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo è utile anzi,direi indispensabile e tutti ne possono usufruire e usarla al meglio. La ricetta è golosissima e dal suggerimento di tuo marito si capisce che è un buongustaio. Buona serata .

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  2. Oggi abbiamo fatto un pic-nic improvvisato in veranda per simulare la Pasquetta…c’erano i panini ma anche i tuoi arancini!!! Devo dire che non li avevo mai fatti e che non sono proprio facili da fare perfetti come quelli delle tue foto! I miei avevano un sapore meraviglioso e sono piaciuti tantissimo….peró….non avevano proprio la forma sferica… dammi per favore qualche accortezza da fare in modo che quando prendi l’arancino e lo passi nella pastella e poinel pane grattuggiato non si apra, non si sfaldi…e lo stesso quando si mette in padella per friggerlo… ho bisogno di sapere come rendere le sfere piú consistenti!!!!!!! Grazie!

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    1. Ma certo carissimo! Allora quando prelevi il risotto e lo metti nel palmo bagna la mano con un pochino di acqua. Poi metti il ripieno e aggiungi un po’ di riso poi chiudi i due palmi delle mani e stringi facendo l’azione di arrotolare. Devi premere un po’. Poi mettili in un piatto e lasciali li e mano a mano prepara gli altri. La pastella dovrà essere piuttosto solida cioè quando li appoggi dentro e li fai roteare un po’ deve rimanere sul riso. Infine li metti nel pan grattato ma non toccarli con le mani perché rischi di “portare via” dei pezzi. Mettine una alla volta in una bacinella e rotea la bacinella stessa in modo che la pallina si copra di pangrattato. Dopo con le mani ben asciutte la prendi e la compatti bene dando una forma tonda…sembra lungo ma sono solo piccoli accorgimenti

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